Quando iniziano a parlare i bambini? 

Risponde alle nostre domande la Dott.ssa Emanuela Groccia, libera professionista nel trattamento logopedico di patologie dell’etá evolutiva e dell’età adulta e geriatrica. Laureata all’Università di Roma TOR VERGATA con sede I.R.C.S FONDAZIONE SANTA LUCIA. Successivamente ha frequentato un master in neuropsicologia dell’età evolutiva alla Lumsa.

Per chi desiderasse maggiori informazioni potete contattarla al numero: 320/7537592 



Quando inizia la comunicazione?
A circa due mesi i piccoli non riescono ancora a esprimersi chiaramente, ma iniziano a capire le melodie del linguaggio. Capiscono se papà è felice o triste e notano quando qualcuno parla nella loro madrelingua.

Sentire bene è un presupposto importante per la seconda fase della lallazione, che inizia a circa sei mesi. Anche qui sono prodotti tutti i suoni possibili ma sono arbitrari solo all’apparenza. I bimbi confrontano quello che dicono con quello che sentono. Alcuni suoni vengono selezionati e d’ora in poi gli italiani “suonano” da italiani e i cinesi da cinesi.😜

Tra il nono e il dodicesimo mese, dal primo confuso balbettio, i piccoli cominciano a raddoppiare le sillabe: ma-ma-ma, pa-pa-pa, gugu. Altrettanto importante per l’apprendimento del bimbo, è adesso il “contatto visivo triangolare”. Il piccolo gioca con la palla, guarda la palla, guarda la mamma. Che cosa significa? “Per favore, dimmi come si chiama quella cosa là.” I bimbi vogliono sentire i grandi discorsi, vogliono sapere qualcosa del loro mondo.
Entro il 1 anno, il bambino sa dire alcune parole semplici. All’età di 18 mesi, il bambino sa pronunciare numerose parole. Entro i 2 anni il bambino inizia a mettere insieme le parole, ad esempio ” basta mamma “, “ancora latte”. Entro i 3 anni , il bambino sa parlare usando 2-3 frasi alla volta. 
Perchè i bambini non parlano?
Molti genitori, nel vedere che i propri figli non proferiscono parole di senso compiuto verso i due anni o più tardi, si preoccupano e cadono nello sconforto. Vediamo allora cos’è il ritardo fonologico o quando invece si tratta di semplice pigrizia.
Se un bambino di 2 anni e mezzo, non riesce ancora a camminare possiamo essere sicuri che c’è qualcosa di patologico nel suo sviluppo motorio. Se a 2 anni e mezzo non parla siamo autorizzati a preoccuparci, ma non ad essere sicuri che vi sia qualcosa di patologico.

E’ importante ricordare che un ritardo nello sviluppo del linguaggio non è affatto un indice di ritardo nello sviluppo cognitivo.

E’ in parte ancora un mistero come il bambino riesca ad acquisire e a padroneggiare con destrezza un sistema così complesso in un arco di tempo relativamente breve. A sei anni infatti il bambino si esprime in modo corretto, dimostrando una competenza linguistica paragonabile a quella di un adulto. In tal senso la scuola agisce come un un contesto di ampliamento e di perfezionamento di un’abilità già fortemente presente e strutturata.

La prima forma di comunicazione è il pianto. Al terzo mese compare il sorriso sociale.
Tra i 4 e i 6 mesi il bambino inizia a sillabare. Questo fenomeno, noto come “lallazione”, diventa gradualmente più complesso e variato fino alla ripetizione di sillabe, che tanti genitori scambiano per protoparole. In realtà non si può ancora parlare di linguaggio.

In genere nello sviluppo tipico le prime parole compaiono tra i 9 e i 13 mesi. Gradualmente il linguaggio assume la sua caratteristica peculiare: quello di essere un sistema simbolico ed astratto, utilizzato per descrivere oggetti assenti fisicamente, oltre che presenti, o eventi passati e futuri. A 16 mesi il vocabolario medio di un bambino italiano è di circa 50 parole.

Poi a 18 mesi si assiste al fenomeno dell’esplosione del vocabolario: i bambini cioè incrementano rapidamente il numero di parole prodotte, imparano anche più termini in una settimana, tantochè a 20 mesi il numero di vocaboli a disposizione del bambino è triplicato. A un anno si nota il fenomeno dell’olofrase, cioè il bambino con una sola parola esprime una frase più complessa. Ad esempio può dire “pappa” per esprimere “voglio la pappa”. Con l’espansione del vocabolario, a partire dai 18 mesi, aumenta anche la capacità di comporre frasi, che contengono, intorno ai due anni, anche due o tre parole.
Tra i 24 e i 36 mesi lo sviluppo grammaticale ha una rapida accelerazione, che conduce all’acquisizione dei meccanismi morfosintattici salienti nella propria lingua madre. Anche la lunghezza media delle frasi continua ad aumentare. Compaiono le prime proposizioni dichiarative, è presente l’accordo soggetto-verbo.

Dai 3 anni in poi la struttura sintattica dei periodi si fa sempre più complessa, includendo le prime proposizioni subordinate, anche se sono presenti ancora delle difficoltà dal punto di vista grammaticale con gli articoli, con i plurali dei nomi e con l’uso dei pronomi, che in genere necessitano della scolarizzazione per essere completamente padroneggiati.
In ogni caso, soprattutto perché stiamo considerando l’età evolutiva, bisogna sempre ricordarsi delle differenze individuali. Esistono cioè bambini più precoci, come bambini che pur iniziando a parlare più tardi ugualmente a tre anni hanno uno sviluppo linguistico nella media. Molto infatti dipende anche dall’ambiente e dalle stimolazioni che si ricevono all’interno dello specifico contesto evolutivo.

Ma cosa deve fare un genitore preoccupato se a due anni il figlio non pronuncia nemmeno una parola di senso compiuto, nemmeno i classici mamma o papà? C’è qualche “sintomo” che potrebbe far capire ad un genitore se il proprio bambino recupererà prontamente il ritardo linguistico?

I bambini che parlano tardi vengono in genere identificati con questo criterio: 

  • producono meno di 10 parole diverse (nella fascia di età 18-23 mesi) o 
  • producono meno di 50 parole diverse e nessuna combinazione di almeno due parole (nella fascia di età di 24-34 mesi).

E’ importante escludere che ci siano fattori cognitivi, percettivi, neurologici, alla base del ritardo linguistico. Questo viene in genere appurato somministrando un test di efficienza intellettiva, compiendo un esame audiologico e neurologico, ed escludendo che il bambino abbia avuto frequenti episodi di otite purulenta, che potrebbero aver determinato occasionali perdite parziali di udito. La perdita, anche parziale, di udito potrebbe infatti essere una causa di ritardo linguistico.
Quando andare dal logopedista?

Dal punto di vista del linguaggio spesso non c’è una buona informazione, gli stessi pediatri tendono a sottovalutare la questione rimandando quanto più possibile un intervento logopedico. Il logopedista interviene in tutte le fasi dell’apprendimento del linguaggio, a partire dalla “lallazione”, il primo approccio al parlato da parte del neonato, fino all’ampliamento della frase, passando per la lettura, la scrittura, la deglutizione, etc. Vi presento qui di seguito alcune condizioni che richiedono l’intervento certo di un logopedista, sono divise in due macro-categorie:

  • Disturbo del linguaggio espressivo 
  • Disturbo del linguaggio recettivo (comprensione) Condizioni che riguardano entrambi i disturbi, di espressione e di comprensione, possono essere:
  • Malocclusione dentale e deglutizione infantile
  • Disturbi del linguaggio di origine neurologica
  • Autismo
  • Ritardo cognitivo
  • Iperattività

In generale è buona norma consultare il logopedista se il vostro bambino:

  • Non ha ancora cominciato a parlare a 2 anni
  • Non comprende le parole e gli ordini, anche i più semplici
  • Non si esprime in maniera comprensibile (da 3 anni in poi)
  • Parla usando solo due sillabe
  • Non pronuncia bene alcune lettere o scambia le lettere all’interno delle parole
  • Non deglutisce bene
  • Balbetta
  • Non si concentra
  • Non ha una buona coordinazione motoria, scrive e disegna male
  • Ha difficoltà a scrivere e leggere, compie errori ortografici
  • Ha difficoltà ad eseguire i calcoli matematici e ad imparare le tabelline
  • Ha difficoltà ad imparare a memoria
  • Ha difficoltà a socializzare con i coetanei e talvolta sembra aggressivo
  • Non sta fermo un attimo, non esegue gli ordini e non si concentra su nulla
  • Ha un linguaggio limitato, un vocabolario ristretto
  • Ha difficoltà ad imparare parole nuove o compie errori nel trovare le parole da utilizzare
  • Fa uso di frasi accorciate, sgrammaticate o semplificate.

Se avete altre domande scrivetemi qui sotto o sulla pagina Facebook Unusual Mom, o nel profilo instagram @micoldelgaudio . 
Nel giro di breve tempo vedremo di rispondere, con il prezioso contributo della Dott.ssa Emanuela Groccia, a tutte le vostre domande e curiosità. 
Unusual mom 

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