Aspettative: chi non ne ha vissute, provate, subite, mancate; ogni volta che abbiamo ricoperto un ruolo, sia esso di figlio, studente, genitore, partner, qualcuno ha avuto aspettative su di noi e sul nostro modo di ricoprire tale ruolo.
Una delle situazioni più significative di tale dimensione è rappresentata da quel grande universo di aspettative che ogni genitore ha nei confronti dei propri figli, in fondo ancora prima di metterli al mondo.
Si potrebbe dire che i figli stessi sono il frutto di un’aspettativa che ci accompagna fin dal loro concepimento: se non si avessero aspettative nei confronti della vita, probabilmente, non nascerebbero più bambini.
Nei confronti dei figli dobbiamo però fare attenzione perché esiste un confine, oltre il quale, le aspettative terminano la loro funzione positiva e divengono capaci di nuocere gravemente l’immagine che i bambini stessi hanno di sé.
Le aspettative, infatti, hanno una grande spinta propulsiva: permettono ai bambini di capire che crediamo in loro, nelle loro capacità e che non dubitiamo delle loro possibilità.
Vi sono però due opposte problematiche che mi capita di affrontare nel mio lavoro in merito alle aspettative dei genitori nei confronti dei figli. Spesso i genitori che vedo in studio mi dicono frasi del tipo: “non pretendo che arrivi al dieci, basta la sufficienza” oppure “so che non può essere il più bravo, mi basta che non si faccia bocciare”, “voglio che diventi una ballerina perché io non ne ho avuto l’occasione”.
Ecco: non c’è nulla di più deleterio che far capire ad un ragazzo (soprattutto ad un adolescente) che non crediamo in lui.
Al contrario, bisogna fare attenzione a non sostituire l’aspettativa con una pretesa di adesione, da parte dei bambini, all’immagine che come genitori abbiamo di loro.
Il nostro compito non è scegliere per i nostri figli, non è immaginare un futuro per loro e nemmeno vivere le loro vite come seconde occasioni capaci di farci prendere rivincite o farci fare esperienze mancate.
In un’ottica di questo tipo, un cattivo voto, la mancata riuscita o un fisiologico fallimento possono generare angoscia e depressione, oltre che mancanza di fiducia in se stessi.
In senso più esteso, è necessario fare attenzione alle enormi pretese di perfezione che abbiamo
nei confronti dei ragazzi, i quali spesso soffrono per l’incapacità di essere ciò che viene loro chiesto: ideali.
Ai “miei genitori”, quelli che chiedono il mio aiuto, dico che avere aspettative significa aspettare, la parola stessa richiama all’attesa: aspettare che i figli arrivino, aspettare che facciano le loro scelte, accompagnarli in questo viaggio aiutandoli a diventare la miglior cosa possibile: SE STESSI.
Dott.ssa Giulia Belloni